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Primi possibili insediamenti: caratteristiche e costumi
Primi possibili insediamenti: caratteristiche e costumi
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Descrizione
Alcune rocce sulle quali sono stati rinvenuti singolari segni di incisioni, hanno destato interesse e fatto pensare alla possibilità che la civiltà camuna abbia lasciato i segni della sua influenza anche nell’alta Valle Seriana. Le tracce dei presunti graffiti sono state localizzate in località «Cedrini» della Val Borlezza, in territorio comunale di Cerete Basso, dal sig. Nello Camozzi, appassionato di archeologia, attento osservatore e ricercatore di cose locali. In particolare, una delle incisioni rupestri ha destato curiosità per quanto essa rappresenta; una figura umana alta 60 cm, delineata nelle sue linee essenziali sulla superficie levigata di un masso: le braccia aperte, con la sinistra che regge un oggetto molto simile ad un arco: i particolari del viso ben definiti, la testa sormontata da un copricapo, dalla foggia strana, una sorta di elmo; il tronco costituito da un reticolo di linee geometriche a lisca di pesce. (..) l’incisione e da datare ad epoca posteriore all’età del ferro. Non è da escludere che il territorio bergamasco possa presentare tracce di civiltà di tipo camuno, trovandosi situato tra la Val Camonica e la Valtellina, dove le incisioni rupestri sono state invece rinvenute in numero notevole. In passato, ritrovamenti di arte rupestre sono stati effettuati a Lovere, Sovere e Bossico.
L’occasionale scoperta di quello che appare un antico pugnale di bronzo apre nuove possibilità di ricerca sul passato della valle Borlezza, una località che ha già offerto ripetute occasioni agli studiosi e che è molto ricca di storia. [...] trovato nel letto di un torrentello in una zona situata a sud-est di Cerete Basso. Il pugnale, lungo cm 17,50 e largo cm 3,50 circa, è costituito da una lama cosiddetta “foliata” e da un peduncolo rettangolare con foro a sezione circolare. La lama presenta una costolatura centrale sulle due facce appena accennata. Trattandosi di un ritrovamento occasionale al di fuori di un qualsiasi contesto stratigrafico, non è possibile attribuire una determinazione e un’età certa al reperto. Tuttavia dall’esame tipologico del manufatto è possibile ravvisare alcune somiglianze con reperti dello stesso tipo, venuti alla luce nel contesto di alcuni insediamenti palafitticoli dell’età del bronzo sulla riva sud-orientale del lago di Garda e in alcune stazioni terramaricole della bassa bresciana. [...] Il ritrovamento del pugnale in bronzo nelle vicinanze di questo masso inciso, anche se non indica sicuramente una correlazione tra sole due cose, contribuisce a richiamare l’attenzione degli studiosi su questa zona di ritrovamenti, che opportunamente studiata, ci potrebbe forse svelare il mistero dell’enigmatica incisione. A parte le scoperte accennate e altre recenti, ancora di incisioni rupestri, che potrebbero aprire un nuovo capitolo sulle presenze umane, nel lontano passato di Cerete, Celestino Colleoni afferma che i Galli Celti, tennero il dominio della nostra Patria per duecento anni, poi Brenno, Capitano dei Galli Senoni, entrò nella Gallia Cisalpina e non essendo stato accettato, la prese, la distrusse, la spianò e la disfece in modo che i muri caduti e le case diroccate, sono state chiamate, traendo da lui il nome, breni o bregni. Se questa dichiarazione valesse da sola a dimostrare questo passaggio, riusciremmo a spiegarci perchè ancora oggi a Cerete sono nominati «bregni» alcuni terreni, situati fra Finale e Lentino. Continua il Celestino: I Romani, avendo inteso i gravi danni arrecati da Brenno ai Bergamaschi, decisero di cacciare il barbaro dall’Italia, naturalmente sostituendo al suo dominio il loro.
La Vicinia:
suo funzionamento.
Difficoltà nella gestione dei beni
Per rifarsi, almeno in parte, dei danni subiti nelle estenuanti contese tra Guelfi e Ghibellini, gli “originari” ancora forniti di beni ripresero, dove possibile, le loro attività o ne avviarono di nuove, abitando, di regola, nella parte superiore del Comune. Poi, nel XVII secolo, si distribuirono invece su tutto il territorio, trovando più redditizio e soddisfacente seguire più da vicino le proprietà e il lavoro svolto per loro da operai e “massari” di diversa provenienza. Fu così che il piano si popolò a poco a poco di case e di persone. Fiorirono lungo i corsi d’acqua anche tante altre attività oltre a quelle esistenti; le sedi stradali trovarono una collocazione più rispondente al bisogno al di qua del Borlezza, sulla sponda sinistra. Le relazioni coi paesi vicini diventarono più facili e frequenti. Il complesso degli abitanti dei vari quartieri del paese, legati fra loro dalla contiguità delle case in un rapporto che si svolgeva e s’allargava su quello delle cognazioni (parentele), delle affinità e delle amicizie, dando luogo a interessi collettivi e quindi a provvedimenti intesi a promuoverli e tutelarli, si esprimeva con un suo termine proprio: la “ Vicinia”. La Vicinia era guidata dal “sindico”, dai deputati (il cui numero variava a seconda delle occasioni), dal console che, una volta avviato il regime democratico, lo rappresentava presso il Comune. Un personaggio di riguardo nella Vicinia era anche il “caneparo” che fungeva da contabile nella Comunità. Nella Vicinia, quando nascevano dei problemi, si indicevano pubbliche assemblee e i capifamiglia venivano convocati col suono delle campane.
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